Le foto della mia infanzia parlano di pomeriggi interi dedicati all’avventura trascorsi con mia sorella maggiore, i miei cugini e gli altri bambini del condominio situato in provincia di Firenze.
Avevamo a disposizione: le biciclette di tutti, gli slittini auto-prodotti, i paesaggi per appoggiare l’immaginazione e una pluralità di spazi aperti.
Con acchiappini, pedalate e nascondini ho messo sù una sana e robusta costituzione, ho tolto la prima corazza di timidezza, ho assimilato il mio personale modello di libertà.
Sono stata una figlia brava quando ho intrapreso percorsi di studio e di lavoro sicuri.
Sono stata una figlia leale quando, dopo un periodo nero, ho detto ai miei genitori che non era cosa per me.
Ci sono delle persone che stanno bene sulle traiettorie certe e ci sono delle persone che si realizzano sui sentieri scoscesi, perché il loro spirito propende verso una certa misura di rischio. Questo non le rende migliori o peggiori di altre, le rende quello che sono.
Con lo sguardo tremante di mio padre su di me ho preso armi e bagagli per incamminarmi verso Firenze, senza avere la benché minima idea sul da farsi.
Sono rimasta impacciata per un po’, poi ho recuperato una bicicletta e da lì ho preso il via verso le lezioni di teatro, i corsi all’università, i seminari di yoga e i primi progetti nelle scuole.
Nelle frequentazioni assidue degli spazi sacri del teatro e del tappetino ho instaurato una comunicazione con l’invisibile e lì mi sono sentita bene, di un bene superiore.
Mi sono sentita esattamente dove dovevo stare, mi sono sentita sulla mia strada.
Essermi imbattuta nel mio scopo rendeva le cose semplici, ma non facili. Per una serie di dispetti (o di segni, ndr) del destino gli unici soggetti che volevano fare teatro e praticare yoga con me erano bambini.
Mi sono presa un tempo per ragionarci sopra. Il mio sistema di funzionamento è di tipo analitico: problematizza, scinde, filtra, stabilisce un nome alle cose e, infine, elabora dei significati. Alla fine mi sono detta: “si vede che deve essere così!”
Con la fiducia nel cuore ho afferrato la prima suggestione che mi è balenata in testa e l’ho portata a un gruppo di bubini in una scuola, fu la svolta. Così ho ripetuto il tutto per una seconda volta e per una terza, poi ho perso il conto.